La crisi di liquidità dell'azienda e i reati tributari e previdenziali dell'imprenditore

Una tematica oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali negli ultimi anni attiene alla relazione tra la crisi di liquidità dell'azienda i reati tributari e previdenziali, come nel caso dell'omesso versamento da parte dell'imprenditore in crisi di liquidità delle ritenute previdenziali.

I reati fiscali e previdenziali

I reati fiscali e tributari oggetto delle pronunce giurisprudenziali sulla crisi di liquidità dell’imprenditore sono stati, principalmente:

Omesso versamento di ritenute dovute e certificate

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta. (3).

Art. 10-bis. Omesso versamento di ritenute dovute o certificate D.lgs 74/2000

Omesso versamento di IVA

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d'imposta.

Art. 10-ter Omesso versamento di IVA D.lgs 74/2000

Omesso versamento di ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti.

L'omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, e' punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l'importo omesso non e' superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non e' punibile, ne' assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione

articolo 2 comma 1 bis articolo 2 comma 1 bis d.l. 463 del 1983, convertito in legge n. 583 del 1983.

La crisi di liquidità e i reati fiscali e previdenziali

I motivi della frequenza delle pronunce giurisprudenziali in tema di crisi di liquidità dell'imprenditore, e i suoi effetti sui reati tributari e previdenziali, risiedono nella crisi economica e finanziaria che ha colpito negli ultimi anni l’imprenditoria italiana.

Numerosi imprenditori hanno subito le conseguenze della crisi economica; ciò ha comportato una grave contrazione della liquidità e dunque l’impossibilità dell'imprenditore a far fronte agli impegni di pagamento nei confronti del fisco e dell’ente previdenziale, dando luogo a reati tributari e previdenziali.

La crisi di liquidità dell'imprenditore secondo la Cassazione

Fatta questa premessa, andiamo ad analizzare alcune considerazioni della Corte di Cassazione sull’elemento soggettivo dei reati sopra indicati e sull’incidenza della crisi di liquidità nel verificarsi dell’evento criminoso.

In proposito, la Corte di Cassazione ha stabilito che, per la configurazione dei reati tributari e previdenziali in argomento, deve sussistere unicamente il dolo generico il quale si manifesta nella cosciente e volontaria omissione del versamento di quanto dovuto per legge al fisco o all’ente previdenziale1.

Sul punto, con particolare riferimento ai reati tributari, la Corte di Cassazione ha stabilito:

“la prova del dolo è insita, generalmente, nella presentazione della dichiarazione annuale dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo d’imposta e quanto deve essere versato entro il termine lungo previsto. Il debito iva, infatti, è direttamente collegato alle operazioni imponibili compiute nel periodo di imposta”

Cassazione Sez. III, 15 febbraio 2016, n. 6113.

Pertanto, appare del tutto plausibile che i reati in oggetto, e l’omesso versamento dei contributi previdenziali, sarebbero configurati anche in caso di grave crisi aziendale, anche ove ne dovesse derivare il fallimento della società3

Con specifico riferimento al reato di cui all’art. 2 c. 1 bis del d.l. 463/1983, la Cassazione ha più volte precisato che le ritenute previdenziali siano parte integrante della stessa retribuzione spettante al lavoratore: di conseguenza il datore di lavoro non può essere considerato liberato dall’onere contributivo dal momento che nel corrispondere le retribuzioni ai lavoratori è comunque tenuto ad accantonare le somme necessarie per il successivo versamento all’ente previdenziale4.

Crisi di liquidità ed esclusione della responsabilità penale

Reati tributari

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che l’imputato di reati tributari può invocare l’assoluta impossibilità di adempiere al debito di imposta esclusivamente provando la non imputabilità a lui medesimo della crisi economica nonché l’assoluta impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso di misure idonee da valutarsi caso per caso5.

Tale orientamento giurisprudenziale è stato seguito da successive pronunce della Corte di Cassazione che hanno escluso la rilevanza penale del mancato assolvimento dell’onere fiscale in presenza dei seguenti presupposti:

  • assoluta impossibilità di provvedere alle esigenze dell’azienda pagando i debiti erariali;
  • dimostrazione concreta di tale impedimento fornendo la prova dell’impossibilità di reperire le risorse necessarie a consentire il corretto adempimento delle obbligazioni tributarie6.

I reati previdenziali

Quanto stabilito dalla Cassazione in tema di esclusione di responsabilità penale in ambito dei reati tributari può, analogicamente, trovare applicazione anche per quanto attiene ai reati previdenziali di cui all’art. 2 c. 1 bis del d.l. 463/1983. (omesso versamento degli oneri previdenziali)

Sul punto la Cassazione esclude la punibilità di un imprenditore, nel caso si provi la assoluta impossibilità di adempiere al debito di imposta. L’onere probatorio deve avere ad oggetto la rigorosa dimostrazione della:

  • non imputabilità all’imputato della crisi economica
  • l’impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto da parte del giudice di merito7.


Conclusioni

In conclusione, a parere di chi scrive, i principi formulati dalla Corte di Cassazione non sempre trovano applicazione dinanzi ai Giudici di merito: le allegazioni probatorie richieste per escludere la punibilità dei reati tributari e previdenziali in argomento sono strettamente legate alla valutazione del singolo giudice che si trovi a valutare il singolo caso di specie.

Possiamo anche osservare come, l’esclusione della responsabilità penale nei reati tributari e previdenziali, sia subordinata ad una rigida valutazione delle prove fornite dall’imputato finalizzate a dimostrare la propria impossibilità a far fronte alle obbligazioni tributarie e previdenziali.

Tali prove devono avere ad oggetto non solo le eventuali testimonianze di dipendenti e/o soggetti qualificati che sono entrati in contatto con le dinamiche aziendali ma, soprattutto, la documentazione ufficiale che dimostri in maniera chiara la crisi di liquidità aziendale e la non imputabilità della stessa all’imprenditore imputato.


Avvocato Roberto Tedesco Penalista a Monza

Roberto Tedesco

Avvocato Penalista a Monza

Fornisco attività di assistenza e consulenza legale a privati, aziende, società nell'ambito del Diritto Penale e Diritto Penale Societario.

Sito internet


Note

1. [Cass. Sez. III, 10 aprile 2017 n. 43811; Cass. Sez. III, del 11 luglio 2014, n. 30574 Cass. Sez. III, 19 gennaio 2011, n. 13100.]
3. [Sul punto: A. Valsecchi, La Cassazione conferma la (tendenziale) irrilevanza dell’impossibilità ad adempire rispetto alla consumazione del delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, www.penalecontemporaneo.it]
4. [Cass. Sez. III, 25 settembre 2007 n. 38269; Cass. Sez. III, 6 marzo 2018, n. 19671.]
5. [Cass. Sez. Un., 28 marzo 2013, n. 37425]
6. [Cass. Sez. III, 05 dicembre 2013, n. 5467; Cass. Sez. III, 08 aprile 2014, n. 20266; Cass. Sez. III, 17 dicembre 2015, n. 49666]
7. [Cass. Sez. III, 27 marzo 2018, n. 20725]


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