Il complesso delle innovazioni tecnologiche denominato "Industria 4.0" comporta la generazione condivisa, l’elaborazione e lo scambio di una enorme quantità di dati industriali orientati, in prima battuta, all’ottimizzazione delle macchine e alla digitalizzazione dei processi industriali.
Ma quali sono questi dati industriali? E di chi sono?
Indice
Che cosa sono i dati e a chi appartengono?
Possiamo cominciare col dire che manca una definizione giuridica di “dato” ed è improprio parlare di “proprietà dei dati”.
A livello giuridico, dal Giappone agli Usa, passando per l’Europa, da Microsoft alle Università, non c’è neanche una definizione di cosa sia un dato.
Inoltre, non è chiaro se i “dati” possano essere oggetto di proprietà, in senso giuridico, dal momento che possono essere generati, riprodotti ed usati simultaneamente da una serie indefinita di soggetti; storicamente, il proprietario è invece colui che può di diritto e anche di fatto escludere gli altri dal possesso e dall’uso di una sua cosa.
Mentre è facile stabilire chi sia il proprietario di un bene fisico, non è altrettanto facile, in assenza di regole chiare, determinare la proprietà dei dati, specialmente se più soggetti abbiano concorso, in qualche misura, alla loro generazione.
A ciò si aggiunga che non sempre i dati costituiscono oggetto di proprietà intellettuale o industriale e possono beneficiare delle specifiche tutele previste per i beni immateriali, quali ad esempio il diritto d’autore, i brevetti, disegni industriali, o le banche dati.
Prima dell’avvio di un progetto di digitalizzazione o di collaborazione tecnologica, diventa fondamentale il contratto avente ad oggetto lo scambio dei dati industriali.
Contratti e dati industriali
Nei contratti miranti a regolare progetti di digitalizzazione dei processi industriali e aventi ad oggetto dati industriali, occorre comprendere e specificare:
- chi controlla i dati che vengono scambiati e generati nell’ambito o a seguito del progetto
- cosa può fare ciascuna parte e
- per quale finalità e durata.
Purtroppo, ciò non sempre viene fatto, perché chi tratta all’interno delle aziende si concentra sugli aspetti “tecnologici”, trascurando l’infrastruttura giuridica con conseguenze patrimoniali sull’azienda nel tempo.
Cosa si dovrebbe fare, allora?
Di chi sono i dati?
Anche se in molti contratti e condizioni generali online si legge come un mantra che i dati immessi dagli utenti (sia business sia consumer) sono di loro proprietà - concetto di per sé ambiguo per i dati -, nulla è specificato sui diritti su tali dati e su quelli derivati, mentre molto poco viene indicato sugli usi previsti anche da parte di terzi (ad esempio data mining).
Non leggere bene i contratti, accettando come sufficiente la falsa garanzia della clausola che dice: “i tuoi dati sono tuoi”, significa orientare le scelte tecnologiche delle imprese in maniera disfunzionale.
Alcune volte, ciò avviene perché si presume erroneamente di essere gli unici proprietari dei dati e che, esattamente come per i beni o i macchinari, con i dati aziendali si possa fare quello che si vuole, escludendo gli altri dall’uso.
Altre volte, le imprese possono nutrire nei confronti di consulenti e fornitori di tecnologia la convinzione che questi ultimi non potranno usare per propri fini commerciali i dati che si generano dal progetto di innovazione, perché vincolati da accordi di riservatezza iniziali o da vecchie clausole di riservatezza concepite per altri contesti.
Non necessariamente così si proteggono i dati generati o derivati dalla collaborazione tra imprese, specie se rielaborati e raccolti in continuo da remoto e trasmessi anche a consulenti e fornitori di servizi.
Rivendicare il controllo esclusivo sui dati, a posteriori, dando per scontato di esserne i soli “proprietari”, diventa molto difficile per un’impresa che nei contratti non si è riservata alcun diritto e non ha disciplinato gli usi ammissibili sui dati co-generati e/o derivati dal progetto con la collaborazione, la consulenza o l’apporto tecnologico altrui.
Molte imprese, d’altronde, ritengono di non avere la forza economica e contrattuale per negoziare o far modificare a proprio favore i contratti di servizi di big tech o di altri provider. In pratica, hanno la convinzione di non avere alternative.Ciò non è sempre vero.
E’ vero che cercare e valutare più potenziali partner, verificando e negoziando (laddove possibile) questi nuovi contratti ha un costo che, purtroppo, per molte imprese italiane anche medie e strutturate appare ancora non necessario. Malgrado si tratti di scelte strategiche che investono il profilo personale di responsabilità del management aziendale, non solo per quanto attiene all’IT e alla cybersecurity.
Verso uno spazio europeo dei dati industriali
Nella recente comunicazione “A European strategy for data”, del 19 febbraio 2020, la Commissione Europea si propone sia la crescita di imprese europee fornitrici di servizi digitali, specialmente, nel settore cloud, sia la creazione di uno Spazio comune europeo di dati industriali manifatturieri, attraverso due iniziative:
- la disciplina dei diritti d'uso dei dati industriali generati congiuntamente (dati IoT generati in contesti industriali), nell'ambito di una più ampia legge sui dati (4º trimestre 2021);
- il sostegno ad iniziative tra operatori chiave dell'industria manifatturiera (in conformità alle norme in materia di concorrenza e ai principi per i contratti equi) per lo sviluppo di prassi contrattuali di condivisione dei loro dati industriali con gli altri operatori e a misure di impulso alla generazione di dati, in particolare attraverso prodotti intelligenti connessi (a partire dal 2º trimestre 2020).
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Conclusioni
Orientare la scelta su partner europei o, in ogni caso, più trasparenti, su soluzioni e su contratti che consentano la governance dei dati, cioè assicurino, per le piccole e medie imprese, la sicurezza e il controllo sui dati industriali e sugli usi degli stessi, secondo le leggi dell’Unione europea, è un obiettivo possibile e prioritario.
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Mariangela Balestra
Consulenza legale alle aziende
Avvocato a Bologna, mi occupo di Diritto Commerciale Internazionale e Diritto di Impresa; docente in corsi dedicati alle imprese, lavoro correntemente anche in lingua inglese e francese e partecipo a progetti internazionali in materia di legislazione su nuove tecnologie e intelligenza artificiale.
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