Rinegoziazione del Contratto: Per La Cassazione È Un Obbligo

La rinegoziazione del contratto divenuto eccessivamente oneroso è un obbligo: questo il parere espresso dalla Cassazione con la relazione tematica n° 56. La priorità è salvaguardare il contratto e i rapporti economici sottostanti; la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta è una extrema ratio che le parti devono impegnarsi ad evitare rinegoziando i termini del contratto.



I rimedi previsti dall'ordinamento Italiano

La relazione della Cassazione inizia con il passare in rassegna i rimedi contemplati dal nostro ordinamento per un evento imprevisto e di portata generale quale l'emergenza Covid, per poi affermare la preferenza da accordare alla rinegoziazione del contratto, divenuto eccessivamente oneroso causa coronavirus, in luogo della risoluzione.

Impossibilità sopravvenuta

Quanto alla risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta, disciplinata dall'articolo 1463 del Codice Civile, la Cassazione nota come i margini applicativi di tale fattispecie all'emergenza Covid-19 siano piuttosto stretti dal momento che l'impossibilità della prestazione, per giustificare la risoluzione del contratto, deve essere totale e definitiva: questo non è il caso delle obbligazioni pecuniarie.

Difatti, per quanto l'emergenza Covid-19 abbia senz'altro causato problemi di liquidità a molti imprenditori, ciò non rende il pagamento di una obbligazione pecuniaria oggettivamente impossibile, ma solo soggettivamente, e non libera di certo il debitore.

Il nostro ordinamento non annovera l'impotenza finanziaria, ossia l'impossibilità del debitore a far fronte alle obbligazioni pecuniarie assunte, tra le cause che consentono di liberarsi dal vincolo contrattuale e questo, nota la Cassazione, non è cambiato con la normativa emergenziale anti-covid.

Eccessiva onerosità

Diverso è il caso della eccessiva onerosità sopravvenuta prevista dall'articolo 1467 del Codice Civile: l'emergenza Covid-19 presenta tutti i requisiti di un evento imprevisto ed inevitabile tale da stravolgere l'equilibrio delle prestazioni previsto dal contratto, giustificandone la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.

La Cassazione però nota come il carattere globale e senza precedenti della emergenza coronavirus mostri il limite dell'istituto in questione: il rimedio contemplato è appunto la risoluzione del contratto, che finisce per fare terra bruciata delle relazioni di impresa come di quelle tra privati cittadini.

Oltretutto, l'unica possibilità di "salvare" il contratto spetta alla parte che ne ha meno interesse, ossia chi ha beneficiato dell'evento imprevisto e che ha visto la bilancia pendere in suo favore: solo questa può offrire di modificare equamente i termini del contratto: la parte fragile non ha diritto ad ottenere l'equa rettifica delle condizioni contrattuali.

Facile immaginare che un ricorso generalizzato al rimedio della risoluzione, per tutti i contratti che hanno subìto l'impatto delle misure di contenimento, avrebbe l'effetto di un reset completo su una quantità di relazioni economiche e commerciali tale da aggravare le conseguenze della crisi generata dall'emergenza coronavirus.

La rinegoziazione del contratto

La Cassazione esprime in maniera decisa la preferenza da accordare alla rinegoziazione, in luogo della risoluzione, per ogni contratto il cui originario equilibrio delle prestazioni sia stato significativamente alterato (squilibrato) dall'emergenza Covid-19.

Secondo la Cassazione:

"Ora, nel contesto dei contratti commerciali, che sono ancillari all'esercizio dell'impresa e ne supportano la continuità, a fronte della sopravvenienza l'obiettivo del contraente sfavorito non è lo smantellamento del rapporto, ma la sua messa in sicurezza sul crinale di un riequilibrio reciprocamente appagante delle prestazioni. L'emergenza non si tampona demolendo il contratto".

La rinegoziazione del contratto nel Codice Civile

La Cassazione nota anche che per quanto il nostro Codice Civile, all'articolo 1467, ponga la rinegoziazione del contratto nella disponibilità della parte che verosimilmente ne ha meno interesse (perché avvantaggiata dall'imprevisto squilibrio delle prestazioni), pur assegna alla eventualità di una revisione del contratto la preminenza sulla risoluzione, dal momento che ove venga offerta una rimodulazione delle prestazioni, questa neutralizza la domanda di risoluzione eventualmente avanzata dalla controparte.

Inoltre, il favore del nostro ordinamento verso la rinegoziazione del contratto emerge anche dalla disciplina di alcuni contratti ove il tempo assume una rilevanza di rilievo:

  • Appalto, articolo 1664 del Codice Civile: è ammessa la revisione del prezzo ove a causa di circostanze imprevedibili il corrispettivo cambi di oltre un decimo;
  • Affitto, articolo 1623 del Codice Civile: le parti possono modificare il canone ove i termini del rapporto siano stati considerevolmente modificati da una disposizone di legge o provvedimento delle autorità.


L'obbligo di rinegoziazione secondo la Cassazione

La Cassazione arriva a fondare un preciso obbligo delle parti alla rinegoziazione; la base legale viene individuata nel principio di buona fede che le parti devono osservare in esecuzione del contratto, come richiesto dall'articolo 1375 del Codice Civile.

La stessa esecuzione deve rispecchiare i contenuti e gli obiettivi della operazione economica che le parti avevano suggellato nel contratto. Pertanto, a fronte di eventi imprevisti che alterino l'equilibrio delle prestazioni originariamente previsto, alle parti spetta in primo luogo di aggiornare il contratto, rimodulando le prestazioni in considerazione delle mutate circostanze, mirando a salvare il contratto e il sottostante rapporto economico.

Secondo la Cassazione l'obbligo di rinegoziazione del contratto:

...non contraddice l'autonomia privata, in quanto adempie alla funzione di portare a compimento il risultato negoziale prefigurato ab initio dalle parti, allineando il regolamento pattizio a circostanze che sono mutate.

E ancora:

"La rinegoziazione, a fronte di sopravvenienze che alterano il rapporto di scambio, diventa, pertanto, un passaggio obbligato, che serve a conservare il piano di costi e ricavi originariamente pattuito, con la conseguenza che chi si sottrae all'obbligo di ripristinarlo commette una grave violazione del regolamento contrattuale".

Rinegoziazione e ruolo del giudice: l'esecuzione specifica

Se dunque sussiste un obbligo delle parti a rinegoziare il contratto, che ruolo spetta al giudice ove le parti non vi ottemperino? La Cassazione ipotizza il ricorso alla esecuzione specifica prevista dall'articolo 2932 del Codice Civile.

"L'obbligo di rinegoziare è un obbligo di contrarre le modifiche del contratto primigenio suggerite da ragionevolezza e buona fede; la parte che per inadempimento dell'altra non ottiene il contratto modificativo, cui ha diritto, può chiedere al giudice che lo costituisca con sua sentenza [...] Qualora le due parti siano disponibili, si incontrano e concludono; qualora una delle due si neghi, è il giudice a decidere."

La Cassazione però ammette che mentre l'esecuzione in forma specifica normalmente realizza un obiettivo già definito da un contratto, nel caso della rinegoziazione si richiede un passaggio ulteriore e non facile: individuare l'esito della rinegoziazione ove questa si fosse tenuta o fosse stata portata a termine.

Essendo la rinegoziazione finalizzata a riequilibrare il contratto secondo la originaria volontà negoziale delle parti, l'intervento del giudice sarà fondato su quei parametri più idonei ad indicare la volontà delle parti come espressa dal contratto. A tal proposito:

"Centrale risulta, in ogni caso, la valutazione, da parte del giudice, dell'attività di contrattazione svolta dalle parti prima che il processo rinegoziativo si interrompa, potendo residuare da esso spiccati elementi per decidere."

Conclusioni

Con la relazione tematica che abbiamo illustrato la Cassazione si esprime decisamente a favore della rinegoziazione del contratto in luogo della risoluzione; un obbligo di rinegoziazione secondo la Cassazione è fondato sul principio di buona fede a cui i contraenti devono attenersi in fase di esecuzione del contratto.

Il fatto che tale obbligo di rinegoziazione vada preso sul serio è testimoniato dalla previsione del ricorso alla esecuzione specifica ex articolo 2932 del Codice Civile nei casi in cui le parti neghino la rinegoziazione o la intraprendano senza la reale volontà di addivenire ad un accordo che rimetta il contratto in condizione di attuare la volontà negoziale originariamente pattuita.

"Quella descritta è una soluzione che appare intonata alla rilevanza sociale dell'impresa, cui fa da pendant l'interesse generale alla sua sopravvivenza. Si tratta di un principio ben radicato nell'ordinamento, a caratura costituzionale, rinforzato da una marcata espressione nei Trattati e nelle direttive dell'Unione Europea."


Vincenzo Lalli

Vincenzo Lalli

Di formazione legale, appassionato da sempre di tecnologia ed informatica; esperienza professionale acquisita a cavallo tra i due mondi, finora piuttosto lontani tra loro. Mi dedico ad esplorare le crescenti interazioni tra il Diritto e la tecnologia, e a dare il mio contributo alla causa dell'innovazione nel settore legale; a tal fine, ho dato vita ad Avvocloud.net.

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