Una vicenda che sta creando un notevole dibattito nei principali organi di stampa e nella politica italiana attiene alla recente “scarcerazione” di detenuti condannati per reati di mafia e in regime di carcere duro , previsto dall’articolo 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario, per motivi di salute a fronte dell’attuale emergenza sanitaria Covid-19.
Considerata la rilevanza delle polemiche sulla recente scarcerazione di condannati per reati di mafia, nonché le differenti informazioni che circolano su organi di informazione e social network, con questo contributo vogliamo chiarire le circostanze e le norme che portano il Tribunale di Sorveglianza a disporre la scarcerazione del detenuto, o più precisamente il differimento della pena, o l'esecuzione alternativa della stessa, per motivi di salute.
Scarcerazione per motivi di salute
In proposito, si vuole esporre un commento all’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari che ha disposto la scarcerazione, o più precisamente il differimento dell’esecuzione della pena in regime di detenzione domiciliare, nei confronti di Pasquale Zagaria, soggetto condannato per il reato di associazione mafiosa e pertanto sottoposto al regime di “carcere duro” di cui all’art. 41 bis dell'ordinamento penitenziario. Il condannato ha presentato un’istanza di differimento pena ex art 147 n. 2 del Codice Penale per motivi di salute.
L'ordinanza del Tribunale di Sorveglianza sull'istanza di differimento della pena
In primo luogo, il Tribunale di Sorveglianza di Sassari, pronunciandosi sull'istanza di differimento della pena per motivi di salute presentata dal condannato, ha stabilito che il fine pena previsto, il 19-07-2025, non è quello effettivo: avendo il Giudice dell’esecuzione riconosciuto il vincolo della continuazione tra quattro sentenze in esecuzione, la data di fine pena è sicuramente inferiore a quella precedentemente indicata.
Ciò detto, dalla ordinanza in esame si evince chiaramente:
- il grave stato di salute del detenuto;
- l’impossibilità della struttura carceraria di poter fornire le adeguate cure e accertamenti sanitari necessari;
- l’impossibilità, certificata dal mancato riscontro del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, di poter trasferire il detenuto in altra struttura penitenziaria;
- l’impossibilità di trasferire lo stesso presso altra struttura ospedaliera.
Per tali ragioni, il Tribunale di Sorveglianza ha dovuto, necessariamente, operare un bilanciamento tra:
- la situazione giuridica del detenuto con particolare riferimento ai reati commessi dallo stesso ed alla prognosi sulla pericolosità attuale;
- la tutela della salute dell’individuo cosi come previsto dall’art. 32 della Costituzione;
- la necessità di garantire che l’esecuzione della pena non arrechi pregiudizio all’integrità fisica del condannato cosi come previsto dall’art. 27 della Costituzione e dall’art. 3 della CEDU
Il bilanciamento di tali circostanze ha portato il Tribunale di Sorveglianza ad accogliere l’istanza di differimento della pena e disporre la scarcerazione del detenuto al fine di tutelarne la salute ed evitare che l’esecuzione della pena nei termini previsti si traducesse in un ulteriore pregiudizio per le sue condizioni sanitarie.
Accoglimento dell'istanza di scarcerazione: motivazioni
Pertanto, il Tribunale di Sorveglianza ha disposto, ai sensi dell’art. 147 comma. 2 del Codice Penale il differimento della pena in ragione della grave situazione fisica del condannato e dell’impossibilità di garantire una corretta esecuzione della pena senza pregiudicare la salute di quest’ultimo.
Sul punto, si evidenzia che il Tribunale di Sorveglianza ha fondato giuridicamente la scarcerazione su specifiche pronunce di legittimità secondo le quali:
”ai fini dell’accoglimento di un’istanza di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, ai sensi dell’art. 147, comma primo, n. 2., del Codice Penale, non è necessaria un’incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ma occorre pur sempre che l’infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio al diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario”
Cass., Sez. I, sentenza del 17.5.2019, n. 27352
La decisione sulla scarcerazione assunta dal Tribunale di Sorveglianza è ispirata dal rispetto dei principi costituzionali di cui all’art. 32 quale il diritto alla salute ed all’art. 27 quale divieto di trattamenti inumani durante l’esecuzione della pena. A tal proposito si osserva come, in precedenza, la Corte di Cassazione si sia pronunciata a tal riguardo:
“.. indipendentemente dalla compatibilità o meno dell’infermità con le possibilità di assistenza e cura offerte al condannato dal sistema carcerario, occorre dar conto dell’esigenza di non ledere il fondamentale diritto alla salute e il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità, previsti dall’art. 32 e 27 Cost.”
Cass., Sez. I, sentenza del 1.12.2015, n.3262
Oltre a ciò, l’Autorità Giudicante, al fine di motivare in diritto l’applicabilità dell’art. 147 del Codice Penale al caso di specie, ha fatto riferimento ad una pronuncia risalente della Corte di Cassazione secondo la quale:
“per grave infermità fisica legittimante il differimento della esecuzione della pena ai sensi dell’art. 147 cod. pen. è da intendersi quello stato patologico che, indipendentemente dal tipo di malattia che lo ha determinato, non è suscettibile di adeguate cure nell’ambiente carcerario”
Cass., Sez. I, sentenza del 14 aprile 1993, n. 1537
Nel disporre la scarcerazione il Tribunale di Sorveglianza ha inoltre formulato una prognosi positiva circa la pericolosità del condannato, rilevando non solo le modalità dell’arresto e la collaborazione effettiva, avvenuta sia durante le indagini che in giudizio, dalla quale si desume la volontà di ravvedimento dello stesso, ma anche, con riferimento alla lunga detenzione subita in misura di “carcere duro” ex art 41 bis dell'Ordinamento Penitenziario, il venir meno di qualsiasi legame con la criminalità organizzata.
Pertanto, dalla disamina dell’ordinanza con la quale si dispone la scarcerazione, si può ritenere che le modalità di valutazione esercitate dal Tribunale sono corrette e conformi a quanto stabilito dai principi costituzionali sopra richiamati.
Difatti, a parere di chi scrive, il Tribunale di Sorveglianza di Sassari, con l'ordinanza in argomento, ha manifestato una particolare attenzione al caso di specie svolgendo tutte le verifiche finalizzate a trovare una struttura, detentiva od ospedaliera, tale da consentire al condannato di continuare ad espiare la propria pena senza arrecare un grave pregiudizio alla salute di quest’ultimo.
Avendo rilevato l'assenza di possibilità alternative a garantire il diritto alla salute del detenuto, il Tribunale ha valutato in concreto l’ipotesi del differimento della pena, cosi come richiesta dalla difesa del condannato, prevedendo altresì il regime di detenzione domiciliare onde evitare il pericolo di fuga.
Leggi anche
Le condizioni per chiedere la riabilitazione penale e i suoi effetti.
Conclusioni
In conclusione, si ritiene che, in mancanza di modalità alternative idonee a garantire la tutela del diritto alla salute del detenuto durante l’espiazione della pena, il Tribunale di Sorveglianza abbia valutato correttamente la situazione attenendosi alla Costituzione, in particolare al Diritto alla Salute, previsto dall'articolo 32, e al divieto di trattamenti inumani durante l'esecuzione della pena, di cui all'articolo 27.
Roberto Tedesco
Avvocato Penalista a Monza
Fornisco attività di assistenza e consulenza legale a privati, aziende, società nell'ambito del Diritto Penale e Diritto Penale Societario.