Il reato di speculazione su merci può configurarsi in caso di pratiche commerciali scorrette, consistenti nell’ingiustificato ed esorbitante rialzo dei prezzi di beni di prima necessità.
Un esempio è dato dalla speculazione su beni di prima necessità, come le mascherine durante l'emergenza coronavirus, perpetrata a danno dei singoli consumatori e finalizzata all’incremento ingiustificato ed illegittimo dei profitti, che può configurare i reati di speculazione su merci e frode nell'esercizio del commercio.
Il reato di speculazione: articolo 501 bis del Codice Penale
L’art. 501 bis del Codice Penale punisce chiunque:
”nell'esercizio di qualsiasi attività produttiva o commerciale, compie manovre speculative ovvero occulta, accaparra od incetta materie prime, generi alimentari di largo consumo o prodotti di prima necessità, in modo atto a determinarne la rarefazione o il rincaro sul mercato interno.”
articolo 501 bis del Codice Penale
Il reato di speculazione su merci prevede la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da euro 516 ad euro 25.822,00. Inoltre, la condanna per il reato di manovre speculative su merci comporta anche
"l’interdizione dall'esercizio di attività commerciali o industriali per le quali sia richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza da parte dell'autorità e la pubblicazione della sentenza."
La fattispecie criminosa in argomento, la speculazione su merci, è stata introdotta con il decreto legge 704/1976 a seguito della crisi energetica che ha colpito l’Italia nel 1973 ed è finalizzata a contrastare eventuali manovre speculative dirette alla maggiorazione dei prezzi di alcuni generi alimentari destinati al largo consumo. La fattispecie di reato della speculazione su merci ben si applica a prodotti quali mascherine e altri articoli dei quali c'è attualmente grande richiesta a causa dell'emergenza coronavirus.
Il bene giuridico oggetto di tutela non è l'interesse economico dei singoli operatori, bensì l'interesse pubblicistico indirizzato alla tutela della formazione dei prezzi di mercato la quale deve avvenire seguendo le fisiologiche regole del mercato o tramite l'intervento della Autorità indipendenti.
Il reato di speculazione in argomento può essere integrato anche in astratto mediante l'aumento, ingiustificato ed a fini speculativi, dei prezzi di beni di prima necessità, come appunto le mascherine, attuato da un solo commerciante, il quale decide di approfittare di una situazione particolare, come l'emergenza coronavirus, per ottenere un guadagno meramente speculativo.
La fattispecie criminosa della speculazione su merci può essere considerata un reato a consumazione anticipata e di pericolo in quanto non è necessario che si verifichi in concreto un effettivo turbamento del mercato, ma si può configurare anche solo mediante la mera idoneità della singola condotta speculativa di un determinato commerciante.
Ai fini dell’accertamento del reato di speculazione su merci, secondo quanto previsto dalla giurisprudenza risalente in materia, deve potersi riscontrare la sussistenza del pericolo in concreto della condotta posta in essere dal commerciante.
Per quanto attiene all’elemento soggettivo richiesto viene prevista la configurazione del reato mediante la sussistenza del dolo generico inteso come coscienza e volontà di compiere manovre speculative in grado di riverberare i propri effetti negativi sul mercato.
Emergenza Covid e speculazione
Pertanto, nelle circostanze attuali, caratterizzate dall'emergenza coronavirus, si può ritenere configurato il reato di manovre speculative su merci nel caso specifico del commerciante, nel negozio fisico oppure mediante e-commerce, che propone alla vendita mascherine e gel disinfettante a prezzi esorbitanti ben superiori rispetto a quelli di mercato.
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Frode nell'esercizio del commercio
Una diversa tipologia di condotta criminosa viene individuata dall’art. 515 del Codice Penale: viene punita la condotta di chiunque
"nell'esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente una cosa mobile per un'altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita."
articolo 515 del Codice Penale
Per tale reato è prevista la pena della reclusione fino a due anni e della multa fino a 2.065,00 euro.
La norma in esame punisce chi, nell’esercizio di un’attività commerciale, consegni volontariamente all’acquirente una cosa mobile diversa da quella dichiarata o pattuita, per origine, provenienza, qualità o quantità.
Si tratta, tuttavia, di una fattispecie avente natura sussidiaria, poiché, per espressa previsione di legge, può trovare applicazione soltanto ove il fatto non integri un delitto più grave.
Nel prevedere il reato di frode, l'art. 515 del Codice Penale oltre a tutelare direttamente il rapporto negoziale tra acquirente e venditore, tutela anche gli interessi più diffusi come, in generale, la buona fede negli scambi commerciali a tutela sia della platea dei consumatori, sia dei produttori e commercianti.
Pertanto, si tutela l'interesse dell'intera comunità al che vengano osservate regole di onestà, lealtà e correttezza nello svolgimento del commercio, con la conseguenza che l'incriminazione punisce l'intralcio che un clima generale di diffidenza arrecherebbe agli scambi, con conseguente turbamento del sistema economico nazionale.
L’oggetto materiale del reato è riconducibile al singolo prodotto che risulti essere diverso da quanto dichiarato, per origine, provenienza, qualità o quantità, e che venga, fraudolentemente, consegnato al compratore, in adempimento ad un’obbligazione assunta.
Il delitto si consuma mediante la consegna della cosa, vale a dire con la ricezione della stessa da parte dell'acquirente, la quale può dirsi avvenuta anche in caso di consegna indiretta a persona interposta, essendo richiesto il mero ingresso della cosa nella sfera giuridica del consumatore.
Per quanto attiene all’elemento soggettivo del reato è sufficiente che venga dimostrata la sussistenza, in capo all’agente, del dolo generico, quale coscienza e volontà di consegnare all’acquirente una cosa mobile al posto di un’altra, oppure diversa da quella dichiarata o pattuita.
Emergenza Covid e frode nell'esercizio del commercio
In proposito, si configura il reato di frode cui all’art. 515 del Codice Penale nel caso in cui un commerciante metta in vendita mascherine protettive prive del marchio CE, ingannando, in questa maniera il consumatore finale, il quale riterrà erroneamente di acquistare delle mascherine idonee all’utilizzo previsto, ossia una efficace protezione contro il coronavirus.
Difatti, il marchio CE, che significa Marchio di Conformità Europea, è rappresentato da un simbolo grafico specifico che garantisce al consumatore la conformità del prodotto a tutte le disposizioni della Comunità Europea che prevedono il suo utilizzo dalla progettazione, alla fabbricazione, all’immissione sul mercato, alla messa in servizio del prodotto fino allo smaltimento.
Per tale motivo, qualsiasi prodotto di carattere medico sprovvisto di tale marchio rendono, di fatto, il prodotto inidoneo a qualsiasi utilizzo poiché comportante gravi rischi per la salute del consumatore.
Conclusioni
In conclusione, in ragione di quanto fin qui visto relativamente alle figure di reato di cui agli articoli 501 bis e 515 del Codice Penale, si evidenzia come, nel periodo di emergenza sanitaria dovuta al coronavirus che stiamo vivendo, al fine di evitare pratiche speculative e sleali nel commercio di beni di prima necessità e di prodotti medici, sia opportuno segnalare la commissione delle eventuali condotte fradudolente o speculative sopra indicate alle Autorità competenti in materia.
Roberto Tedesco
Avvocato Penalista a Monza
Fornisco attività di assistenza e consulenza legale a privati, aziende, società nell'ambito del Diritto Penale e Diritto Penale Societario.