Gentile utente,
per rispondere al meglio alla sua domanda, ritengo opportuno effettuare alcune considerazioni giuridiche di carattere generale, utili ad inquadrare la fattispecie in oggetto.
La proposta di acquisto
Tra i documenti che vengono redatti durante il processo di acquisto o vendita di un immobile, spesso, vi è la c.d. proposta di acquisto, che consiste in un documento scritto che viene redatto da colui che è intenzionato ad acquistare un immobile per formalizzare la sua volontà di comprare una certa unità immobiliare a determinate condizioni (prezzo, tempi, modalità di pagamento ecc.).
La proposta di acquisto è disciplinata dal codice civile all'articolo 1329 del Codice Civile, che la definisce "irrevocabile", nel senso che, per il tempo indicato nella proposta, il proponente si obbliga a mantenerla ferma, senza possibilità di revocarla.
La caparra confirmatoria
Generalmente, la proposta di acquisto è accompagnata dalla c.d. caparra confirmatoria
(articolo 1385 del Codice Civile), che consiste in una somma di denaro che il proponente, al momento della sottoscrizione della proposta, versa al venditore, di solito, tramite assegno non trasferibile intestato al venditore medesimo.
In questo modo, l'acquirente si impegna a mantenere e a non modificare la sua volontà per il periodo di tempo stabilito nella proposta d'acquisto, con la conseguenza che, se al termine di detto periodo la proposta non viene accettata da venditore, quest'ultimo dovrà restituire la caparra al proponente.
Il preliminare di compravendita
Qualora, invece, il venditore accetti la proposta, attraverso la formalizzazione per iscritto della propria approvazione, la proposta d'acquisto assumerà il valore di un contratto preliminare, con effetti obbligatori vincolanti per entrambe le parti, comportando, quale obbligo principale, quello di addivenire alla stipula del contratto definitivo, entro e non oltre il termine stabilito nella proposta di acquisto accettata.
E' evidente, quindi, che, dal momento dell'accettazione della proposta, da parte del venditore, viene a crearsi un vincolo obbligatorio tra le parti, dal quale scaturiscono tutta una serie di obblighi, primo fra tutti quello di addivenire alla stipula del contratto definitivo, che, se non adempiuti nei termini e secondo le modalità stabilite, possono comportare una responsabilità contrattuale per inadempimento in capo alla parte che ingiustificatamente si sottragga a tale obbligo, con tutte le relative conseguenze, anche di ordine economico.
L'inadempimento
Precisamente, l'articolo 1385 del Codice Civile, distingue a seconda che la parte inadempiente sia il soggetto che ha dato o ha ricevuto la caparra confirmatoria, prevedendo che:
1) se è inadempiente l'acquirente, la parte che ha dato la caparra, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra;
2) se, invece, è inadempiente il venditore, la parte che ha ricevuto la caparra, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra;
3) in ogni caso, la parte che non è inadempiente potrà, in alternativa al recesso con ritenzione della caparra, agire in giudizio per ottenere l'esecuzione o la risoluzione del contratto, oltre all'eventuale risarcimento del danno che dovesse avere sofferto in conseguenza dell'inadempimento della controparte.
Pertanto, alla luce di tutto quanto sopra osservato e sulla base degli elementi da Lei forniti nel quesito sottoposto, ritengo che una eventuale decisione unilaterale di non addivenire alla stipula del contratto definitivo, in assenza di accordo della parte acquirente, esporrebbe lei e suo marito, quasi certamente, ad una responsabilità per inadempimento contrattuale, foriera di tutte le conseguenza economiche sopra esposte e, quindi, prima fra tutte, al rischio di dover restituire il doppio della somma da voi ricevuta a titolo di caparra confirmatoria.
E ciò in quanto, nel caso di specie, non mi sembra che possa ragionevolmente invocarsi un impedimento assoluto ed oggettivo ad addivenire alla stipula del contratto definitivo, a causa del Coronavirus, in considerazione del fatto che è già stata concordata una proroga della data del rogito sino al mese di settembre p.v. e, quindi, tenendo conto di un arco di tempo più che idoneo a permettere a lei e a suo marito di farvi parti diligenti nel cercare di trovare un immobile adeguato a costituire la vostra futura abitazione.
Se è vero, infatti, che, in questo momento, gli spostamenti sono limitati ed anche i servizi immobiliari possono subire dei rallentamenti, è anche vero che attraverso l'uso della tecnologia è comunque possibile cominciare a fare alcune ricerche on-line e, con l'aiuto e la collaborazione di un'agenzia immobiliare, è possibile altresì cominciare a valutare sulla carta o attraverso dei rendering possibili soluzioni abitative, nell'attesa di poterle poi visionare di persona, non appena verranno meno gradualmente le varie restrizioni imposte dall'attuale situazione emergenziale.
Il mio consiglio è, quindi, quello di fare - da subito - presente, sia all'agenzia, che alla parte acquirente, questa vostra legittima preoccupazione, al fine di cercare insieme soluzioni alternative, che possano tenere conto e tutelare questa vostra esigenza, eventualmente formalizzandola attraverso la stesura di una scrittura privata integrativa della proposta contrattuale accettata, mediante la quale addivenire ad una parziale rinegoziazione degli accordi già raggiunti, inserendo, ad esempio, un'apposita clausola covid, con la quale regolare, di comune accordo, le conseguenze di un'eventuale impossibilità definitiva ed assoluta di reperire una nuova abitazione da parte vostra, nei termini concordati, a causa dell'eventuale protrarsi dello stato emergenziale in atto, con le relative restrizioni, per un periodo di tempo tale da non permettervi di poter porre in essere tutte quelle attività prodromiche e necessarie a reperire sul mercato un'abitazione ove potervi trasferire.
Ovviamente, quest’ultima soluzione, niente affatto scontata, necessita di una grande comprensione e collaborazione della parte acquirente.
Cordiali saluti.